Nội dung text Storia della lingua latina_Marinello Laura.pdf
MODULO 1 VARIETA’ DIACRONICHE Come tutte le lingue il latino ha diverse varietà linguistiche di forme e di uso che assume durante la sua evoluzione e che si modificano in base ai diversi canali di comunicazione che la lingua usa ai suoi scopi e agli usi che si prefigge. Le varietà linguistiche vengono definite diacroniche, quando dipendono dal trascorrere del tempo, e sincroniche, quando si manifestano contemporaneamente in base a diversi contesti o a diversi mezzi di comunicazione. Le maggiori trasformazione del latino interessano la lingua parlata, mentre il latino letterario, infatti, verrà codificato già dai primi secoli e resterà costante nel tempo. Durante l’epoca imperiale, è difficile cogliere le trasformazioni del latino perché si accentua la regolamentazione linguistica e stilistica. Gli scrittori cristiani per primi cominciano a spezzare tali legami. Il processo di trasformazione si accelera solo con la fine dell’Impero Romano. Le profonde trasformazioni provocate dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente hanno investito anche la lingua: sono secoli in cui aumentano rapidamente il divario e le differenze tra lingua parlata e scritta. Si assiste alla formazione di lingue neolatine o romanze, da una parte; mentre il latino si configura sempre di più come lingua dotta, per gli scambi culturali di alto livello (subisce però anch’essa gli influssi del parlato): tale lingua è detta anche latino medioevale→ è attestato in autori dal V al XII – XIII secolo. Dall’analisi di tali testi si evidenzia la compresenza di caratteri conservativi e innovativi sia a livello sintattico che lessicale (Severino Boezio, Paolo Diacono e Isidoro di Siviglia). Dopo la nascita delle lingue moderne il latino continua a sopravvivere a lungo come lingua del diritto, delle scienze, della filosofia, dell’arte, della retorica, della Chiesa. Esso ha assunto i caratteri conservativi di una lingua artificiale adattandosi però alle esigenze poste dalle trasformazioni e dai mutamenti storici. Il processo di adattamento è evidente nel lessico, perché nel corso dei secoli c’è stata la necessità di coniare termini nuovi o modificare quelli esistenti per esprimere: concetti nuovi, scoperte della scienza, filosofia e tecnica, e anche diverse situazioni sociali. Il latino ha esercitato un influsso forte sulla cultura di tutta l’Europa (es.: Umanesimo, ma anche nei tempi recenti). Ne sono esempio: lessico inglese, linguaggio letterario italiano che è modellato su quello latino. Durante le fasi storiche del latino medievale e del latino umanistico, si manifestano gli aspetti poliedrici della lingua poiché in esse esiste una dualità tra la lingua intellettuale-ecclesiastica e quella della comunicazione internazionale: quindi vanno a mischiarsi i modelli
cristiani classici con le esperienze personali. Dunque, il latino ha interagito con i volgari in varie condizioni di bilinguismo dando luogo ad una grande varietà di volgari latinizzati e latini volgarizzati. In questo modo molti volgari hanno recuperato molte parole, forme e costrutti, come ad esempio: il superlativo sintetico latino, le strutture sintattiche complesse e il periodare del latino classico nella formazione della prosa d'arte. Latino maccheronico: caso particolare di varietà diacronica. Si adatta alle strutture linguistiche originali unendo elementi di italiano moderno, soprattutto dialettale, e crea un pasticcio linguistico molto particolare. Anche se nella visione odierna il latino viene visto come una lingua morta, è ancora oggi la lingua della Chiesa e lingua internazionale nel campo degli studi classici. Inoltre, il latino sopravvive ancora oggi sia nell’italiano moderno che in altre lingue: lo ritroviamo in molte parole, proverbi oppure, (inconsapevolmente) nel parlare comune e quotidiano attraverso parole latine preesistenti o neologismi (anche utilizzato per fini pubblicitari). La visione del latino nella sensibilità comune odierna è quella di una lingua morta, che deriva dall’età moderna da un’esperienza scolastica e da una tradizione didattica che tende a rappresentare il latino come una lingua monolitica e rigidamente codificata da regole. Si costituisce un’impalcatura della prosa letteraria sulla complessità e l’armonia della sintassi, dove il maggio rappresentante di tale prosa è Cicerone: autore di opere retoriche e filosofiche, frutto della simbiosi tra tradizione retorica e un metodo basato sulla dialettica. Nella prosa oratoria e filosofica si può raggiunge il livello massimo della struttura ipotattica (con connettori modali e temporali che organizzano questa gerarchia interna—consecutio temporum). Se invece dovessimo staccarci da tale prosa, ci avviciniamo ai modelli del parlato con la paratassi, la ridondanza sinonimica e l’uso della variatio. Lo stile è anche una grammatica di scelte (facoltative), che diventano obbligatorie quando esso da creazione personale ed individuale, diventa modello e norma. Questo è il successo di autori come: Cesare, Cicerone, Sallustio e Tacito. La tradizione e l’insegnamento del latino hanno sempre di più incatenato la lingua all’astrattezza e all’obbligatorietà della norma generale, dimenticando gli aspetti facoltativi, i momenti di creazione personale e le varietà sociolinguistiche.