Nội dung text BIOETICA 2020-2021 SBOBINE.pdf
BIOETICA 1 ANNO 2021 1
MEDICAL HUMANITIES - LEZ. 1 - 17/11/2020 PROF. M. ARAGONA Io mi occuperò principalmente della parte pratica della bioetica, quella che riscontro quotidianamente nel corso della pratica quotidiana. Parto più dall’esperienza anziché dai concetti e dai principi che poi vi spiegherà meglio la prof.ssa Giacobello. Nel corso delle lezioni che faremo insieme cercheremo di vedere cosa sono dal punto di vista esperienziale le Medical Humanities. EMOZIONI Come sapete le emozioni sono un po’ il nostro pane quotidiano, senza non possiamo vivere e sono sempre con noi. Alcune sono di aiuto e altre sono di ostacolo e spesso, in un modo o nell’altro, riescono a farci fare quello che vogliono. In genere quando abbiamo un’emozione intensa non siamo capaci di ragionare, perché fisicamente l’emozione attiva le parti più profonde del nostro cervello, dunque il sistema limbico e disattiva la parte corticale, seguendo un vero e proprio meccanismo biologico. Quindi se non imparate a gestirle saranno le emozioni a scegliere per voi e ogni volta che dovete fare una scelta, se la fate con un’emozione intensa, vi accorgete che non scegliete ciò che è realmente importante per voi. Ovviamente nella nostra pratica è importante non farsi dominare dalle emozioni ma farsi aiutare. Tuttavia poiché sono con noi quotidianamente e spesso sono innescate da diversi processi (conflitti interiori, situazioni che possono capitare quotidianamente e disagi di vario genere) dobbiamo evitare che queste interferiscano con la nostra professionalità e quindi cercare di diventare alleati delle nostre emozioni. Tra le varie classificazioni che sono descritte in letteratura noi faremo riferimento in particolare a quella di Cervi e Bonesso, che parla di continuum emozionali, perché le emozioni sono su sette livelli diversi e sono appaiate tra di loro in contrapposizione: una piacevole con una spiacevole. Quando lavoriamo su questo continuum possiamo facilmente spingere verso l’emozione piacevole o spiacevole a seconda di quello che ci serve, partendo dal presupposto che tutte le emozioni sono utili. • EMOZIONI: PAURA La paura ci serve perché senza non potremmo sopravvivere, infatti ci aiuta a tenere lontane le difficoltà. Pensate al fuoco e al fatto che senza la paura ci bruceremmo subito o in altre situazioni magari ci butteremmo nel vuoto. Quindi essa è evolutivamente molto importante ma può diventare disfunzionale quando non viene gestita. Oggi con il problema della pandemia la paura è chiaramente l’emozione più intensa per tutti e quella che ci domina, ci porta a fare delle cose che altrimenti non faremmo oppure a bloccarci completamente. • EMOZIONI: FIDUCIA L’opposto della paura è la fiducia ed essa è la chiave del nostro lavoro, poiché senza fiducia non possiamo creare una relazione con i nostri pazienti. Dunque abbiamo bisogno di imparare a gestire queste emozioni e lo facciamo attraverso il percorso di intelligenza emozionale. Cercheremo di fare un poco di pratica, compatibilmente con la distanza. Questo dovrebbe essere un tipo di insegnamento molto più esperienziale perché attraverso l’esperienza si imparano le cose in modo diverso, in modo più profondo e sicuramente molto più efficace e duraturo nel tempo. 2
EMPATIA Un altro elemento chiave è l’empatia, senza la quale non riusciamo a entrare in contatto con le altre persone e che rappresenta dunque un importante canale comunicativo. Attraverso i cosiddetti neuroni specchio e dei meccanismi cerebrali molto particolari si riesce ad avere una comunicazione molto più profonda, che va al di là delle parole. Rizzolatti, lavorando soprattutto con le scimmie, aveva scoperto che quando la scimmia immaginava di fare una cosa, vedeva un’altra scimmia farla o la faceva realmente, si attivavano in lei le stesse aree cerebrali. Dunque attraverso il canale sensoriale, che può essere visivo, uditivo o di altro tipo, la persona attiva gli stessi circuiti cerebrali che si attiverebbero se uno facesse quella stessa azione. Questa cosa potrebbe essere anche molto importante nei casi di stato vegetativo. Nelle persone che sono in coma irreversibile a volte succede che si attivino delle aree cerebrali, proprio attraverso il canale dell’empatia. EUTANASIA TRANSPERSONALE, QUALITÀ DELLA VITA E DELLA MORTE Parleremo anche della morte, che percepiamo sempre come qualcosa che non ci riguarda personalmente e infatti continuiamo a vivere come se essa non esistesse per noi. Dunque ci manca un elemento fondamentale, perché se noi non abbiamo la percezione della morte non abbiamo neanche la percezione di vivere. La percezione della morte era molto frequente fino a una cinquantina di anni fa più o meno, quando le famiglie erano allargate, le persone morivano in casa e allora si aveva contatto con l’esperienza del morire fin da bambini. Oggi questo non succede più perché si muore prevalentemente in ospedale, per cui questo tipo di esperienza manca completamente. Ma nel nostro lavoro ci capiterà molte volte di dover accompagnare persone che muoiono, persone che non riusciamo a curare, nel senso di guarire. Noi usiamo i due termini in modo simile mentre in inglese è diverso (cure e care). Quando io cerco di guarire una persona a tutti i costi e poi non ci riesco rimango frustrato, perché è un fallimento. Quando invece cerco di prendermi cura di una persona non posso rimanere frustrato, perché comunque me ne sto prendendo cura, senza aspettarmi la guarigione. Quindi entra in gioco quello che poi è il problema del Barnout, una sindrome di esaurimento emotivo, che non possiamo diagnosticare su di noi e che è difficile anche da diagnosticare sugli altri. Quello che faremo molto, perché è importante in questo ambito, è cercare di recuperare quello che c’è oltre ciò che vediamo normalmente. Di norma il nostro cervello funziona con le onde Beta (siamo pronti ad agire, a rispondere ecc.) ma ha la capacità di funzionare anche ad altre frequenze e questo succede ad esempio nel sonno. Quando si sogna rallenta l’attività elettrica cerebrale a livello delle onde Alpha, Delta e Theta oppure può aumentare molto di più la frequenza a livello delle onde Gamma, che sono i momenti in cui abbiamo le esperienze migliori della nostra vita, le performances e le intuizioni migliori. Talvolta però in questo passaggio da una frequenza all’altra ci possono essere delle difficoltà. A livello Beta conosciamo una minima parte di noi invece negli altri livelli di frequenza possiamo conoscere tantissimi altri aspetti che normalmente non percepiamo e che però incidono notevolmente, perché tutto quello che è inconscio in ogni caso passa per la coscienza e in qualche modo ci domina, perché ciò che non conosciamo sceglierà al nostro posto e noi dobbiamo evitare che ciò accada. Dunque accedere a questi livelli diversi di coscienza ci è molto utile per riconoscere queste altre parti che spesso ci ostacolano. 3
Sarà capitato ad ognuno di voi di desiderare qualcosa, per poi fare qualcosa di totalmente diverso: questo accade perché il nostro inconscio alla fine ci porta spesso verso qualcos’altro. L’inconscio di cui ci parlava Freud è infinitesimale rispetto a quello che in realtà si sta scoprendo adesso e dobbiamo cercare di tenerne conto, altrimenti non possiamo svolgere in modo appropriato quello che dobbiamo fare. È importante attenzionare la problematica della morte perché sarà sempre presente ogni volta che dovremo fare delle scelte importanti per la vita del nostro paziente. Si parla sempre di eutanasia intesa come qualcosa che accelera la morte, che è volta ad acquietare la sofferenza estrema che non riusciamo ad affrontare in nessun altro modo. Parliamo di eutanasia transpersonale, questo termine sta ad indicare ciò che c’è oltre la persona, oltre il livello ordinario di coscienza, il livello Beta, a cui possiamo accedere con opportune tecniche, tra queste la meditazione è quella utilizzata per eccellenza. Il termine Eutanasia deriva dal greco ed etimologicamente significa buona morte, che non vuol dire accelerarla, anche se nel linguaggio comune intendiamo questo. Buona morte vuol dire aiutare una persona a morire bene. Ci sono dei criteri ben precisi che indicano i termini qualità della vita e qualità della morte, ci sono anche dei questionari specifici che possiamo fare per capire se quella persona è morta bene oppure no, se è in salute oppure no. Normalmente per morire bene è importante sanare tutte le varie problematiche importanti della vita, perdonare le persone che non abbiamo perdonato, chiarire quello che dobbiamo chiarire, risolvere le cose in sospeso, portare a compimento quello che si può portare a compimento. RELAZIONE DI CURA Parleremo anche della relazione di cura poiché tutto il nostro lavoro è basato sulla relazione con il nostro paziente. Se il paziente non ci chiede aiuto noi non possiamo aiutarlo, se il paziente non ci chiede di essere curato noi non possiamo curarlo e se rifiuta le nostre cure noi dobbiamo accettarlo. Ovviamente dobbiamo chiedere perché, per capire cosa sta succedendo, però dobbiamo anche rispettarlo. Se riusciamo a creare una buona relazione di cura è molto probabile che il nostro paziente cominci a fidarsi di noi e se si fida, si fa curare mentre se il paziente non si fida, non si fa curare. Dunque di solito quando il paziente non si fa curare in realtà è perché non si fida di noi e la fiducia è un’emozione che va educata e che va curata. Ovviamente chi la può curare se non noi che dobbiamo avere gli strumenti per poterlo fare? Il paziente chiaramente non ha queste competenze, infatti è rarissimo trovare qualcuno che possa averle. Dovremmo essere noi a sapere come sviluppare la fiducia e l’empatia per entrare in relazione sempre meglio e sempre più profondamente con l’altro. Tuttavia c'è un rischio ad entrare troppo in empatia con un paziente, perché quando questo accade, sentiamo la sofferenza dell’altro molto intensamente e la sentiamo dal punto di vista inconscio e quindi poco consapevole. [Vi faccio un esempio: una volta mi è capitato che, finito il turno di guardia, mi sono accorto che la collega che doveva fare il cambio era un po’ sofferente. Allora lei mi disse di avere un terribile mal di testa e io le chiesi dove lo avesse, indicando un punto ben preciso in cui pensavo che fosse localizzato il suo dolore, ed effettivamente era proprio quello. In quel momento io l’ho saputo perché ho sentito il suo dolore, perché l’empatia funziona in questo modo: io non lo sento perché ho la sensazione fisica di quel dolore, ma lo sento perché è come se fosse anche il mio. Questo può succedere se c’è un’ottima relazione con quella persona, un’ottima comunicazione e un’ottima empatia. Inoltre il fatto di condividere il dolore con quella persona alleggerisce la sua sofferenza.] Quindi se si entra troppo in empatia e lo si fa senza rendersene conto, si sente quella sofferenza e non si sa gestire, invece se la si sa gestire si lascia andare subito. Non a caso si dice che quando l’empatia è troppa si sta male e questo accade solo perché non si conosce e non si è capaci di controllarla. 4