Content text TEORIA DEI LINGUAGGI Prof.ssa Fortuna 12 CFU - RISPOSTE APERTE di fine moduli - COLOMBA DI LAURO.pdf
MODULO 1 1. Esporre i vari modi in cui viene declinata la disciplina denominata con gli appellativi “teoria dei linguaggi” e “filosofia del linguaggio” Possiamo definire la teoria dei linguaggi come una disciplina filosofica basata sulla riflessione relativa alle capacità metalinguistiche o epilinguistiche, cioè innate negli esseri umani. Queste ultime sono le capacità innate che si ritrovano già nel bambino quando apprende la sua lingua madre. I piccoli in maniera quasi inconsapevole man mano che crescono cominciano ad interrogarsi sulla loro lingua e sulle motivazioni che portano all’utilizzo di determinate parole al posto di altre mentre quelle metalinguistiche sono quelle che hanno portato, nel corso del tempo, a delineare le strutture e le regole delle varie lingue. Lo studio della teoria dei linguaggi denominata anche filosofia del linguaggio come disciplina non richiede tanto di possedere delle conoscenze filosofiche pregresse quanto di indagare su determinate capacità specifiche del linguaggio inteso non solo come linguaggio verbale ma come sistema di segni differenti. Lo studio del linguaggio inoltre è diverso dallo studio delle lingue, inteso come lingue storico-naturali. Tale distinzione non è presente in tutti gli idiomi (basti pensare all’inglese ed al tedesco: Language e Sprache). Nozioni fondamentali all’interno di questa disciplina, proprio perché abbiamo a che fare con le diverse lingue, sono Comprensione, interpretazione e traduzione. Molto spesso in questa disciplina si sono trascurati tali aspetti dando priorità esclusivamente alla Produzione, ignorando il fatto che la comprensione la precede. Infatti, essa rappresenta il primo step anche nello sviluppo del linguaggio del bambino. Altro aspetto, legato alla comprensione e interpretazione, è quello della traduzione. La traduzione rappresenta un passaggio ulteriore considerata la pluralità di lingue e linguaggi presenti. I processi traduttivi sono uno dei fenomeni più importanti dei quali si occupa la filosofia del linguaggio, anche per ragioni sociali e sociopolitiche. Inoltre, è necessario anche parlare di filosofia della linguistica, in cui avviene la riflessione epistemologica sulle categorie introdotte dalla linguistica. La filosofia del linguaggio non è però una filosofia speciale e questo lo si vedrà in particolare con la “svolta linguistica” dall’inizio del ‘900 dove nasce un’autocritica che la filosofia ha rivolto a sé stessa e in particolare alla metafisica tradizionale, in cui il filosofo pretende di poter avere uno sguardo esterno. Si tratta di una prospettiva fortemente antropocentrica, sembra quasi che l’unica realtà sia quella appartenente agli esseri umani e che tutto il resto abbia una rilevanza molto inferiore mentre la semiosi è qualcosa che caratterizza tutto il mondo naturale e che ha bisogno di un punto di vista più ampio. Nella teoria dei linguaggi è fondamentale l’approccio storico, lo studio della storia delle idee Linguistiche, approccio di studio che comincia a prendere forma nel periodo del Rinascimento, caratteristico della filosofia italiana, dove prende forma l’attenzione ai testi, agli autori e ai loro concetti. In questa svolta linguistica si possono individuare le due tradizioni diverse della filosofia analitica e della filosofia continentale (per approfondimento, vedi risposta specifica). Pur essendosi molto combattute e criticate, entrambe queste filosofie hanno saputo prendere l’una dall’altra generando, in un movimento di reciproca convergenza, la filosofia post- analitica e quella post-continentale. Nella teoria dei linguaggi è fondamentale l’approccio storico, lo studio della storia delle idee linguistiche, componente tipica della filosofia continentale. Questo approccio di studio, che comincia a prendere forma nel periodo del Rinascimento, è caratteristico della filosofia italiana. 2. Illustrare le caratteristiche principali della contrapposizione tra filosofia analitica e filosofia continentale nel panorama culturale europeo del XX secolo:
Pur partendo dal presupposto comune di avere al centro della riflessione e della loro indagine lo studio del linguaggio, filtro di tutte le esperienze umane, e il distacco dalla metafisica, queste due filosofie, sviluppatesi entrambe durante lo scorso secolo, presentano numerosi punti di divergenza. In entrambe l'idea centrale parte dall'osservazione che qualunque esperienza umana debba sempre essere veicolata dal linguaggio, senza il quale non è possibile avere alcuna forma di conoscenza. Questo punto comune, però, viene declinato diversamente, come si può notare in primo luogo se si prendono in considerazione i punti di riferimento adottati: per quanto riguarda la filosofia continentale, infatti, la partenza è costituita da Kant, la cui filosofia si proponeva di individuare le condizioni trascendentali di ogni esperienza, mentre nella filosofia analitica la tradizione di riferimento è quella anglosassone (Locke, Bacone). Nella filosofia continentale si avrà, in seguito, una riflessione metacritica sul pensiero di Kant, al quale sarà rimproverato di non aver riconosciuto il ruolo delle lingue storico naturali. La filosofia continentale appare come un grande contenitore all'interno del quale possiamo trovare, con contributi più o meno rilevanti per quanto riguarda il problema del linguaggio, le principali correnti filosofiche del '900 (Fenomenologia, Ermeneutica, Esistenzialismo, Strutturalismo, Postmodernismo, ecc.), nella filosofia analitica gli obiettivi appaiono delineati in modo più definito, è una filosofia della scienza, che si vuole presentare come risoluzione dei problemi del linguaggio: rilevata l'impossibilità di perfezione del linguaggio verbale, si rende necessario trovare una soluzione a tale imperfezione, soluzione che è resa possibile dall'uso di linguaggi diversi da quello verbale, come quelli della logica e della matematica. Le differenze tra le due filosofie si ritrovano anche a livello di produzione: pur avendo entrambe rinunciato alla pretesa di poter descrivere la totalità dell’esperienza umana e privilegiato un approccio il cui obiettivo è quello della risoluzione di problemi più semplici e circoscritti, i filosofi analitici confrontano il loro pensiero attraverso la scrittura di saggi/articoli su problemi specifici, pubblicati su riviste specializzate, mentre i filosofi continentali continuano a utilizzare la monografia, un formato più lungo, accessibile anche a un pubblico più vasto e non solo a un ristretto gruppo di addetti ai lavori. I due stili filosofici si contraddistinguono anche per l’uso della lingua, scelta fondamentale in quanto la lingua rappresenta il tratto dell’individualità collettiva della comunità dei filosofi. Lingua della filosofia analitica è l’inglese, mentre i filosofi continentali continuano a scrivere utilizzando la loro lingua madre. La contrapposizione tra analitici e continentali si può osservare anche a livello istituzionale: in ambito anglosassone (Gran Bretagna e USA), solo alla filosofia analitica viene attribuito la dignità di tale, mentre la filosofia continentale, “declassata” a critica letteraria, viene insegnata in dipartimenti diversi da quelli filosofici, come per esempio quelli di critica letteraria. In ambito continentale, esiste sui giornali tedeschi un ampio dibattito tra i filosofi di entrambi i "campi", in cui ogni rappresentante nega all'avversario la giusta interpretazione della pratica filosofica. 3. Spiegare che cosa s’intende per superamento della metafisica in rapporto al linguistic turn che ha caratterizzato la filosofia del Novecento accomunando filosofi analitici e filosofi continentali: La filosofia, fino all’800, ha lavorato perlopiù alla costruzione di grandi sistemi speculativi che hanno la pretesa di includere la totalità dell’esperienza, si proponeva come SAPERE ASSOLUTO, mentre la filosofia novecentesca, sia analitica che continentale, tende a rifiutare questo approccio, privilegiando il linguaggio come luogo di riflessione in quanto è ciò che dà forma ad ogni esperienza umana. C’è quindi uno smembramento della filosofia, un’auto superamento della filosofia stessa, dove gli oggetti sono studiati da più discipline diverse, con una prospettiva empirica,
sperimentale (da laboratorio). Accanto a ciò c’è un’idea del superamento della metafisica (l’idea di avere accesso ad una realtà oggettiva) che assume la forma di auto superamento (fine della filosofia) presente in entrambe le tradizioni: La filosofia analitica si propone come analisi, come critica del linguaggio e lo fa sulla base della consapevolezza che quando parliamo cadiamo continuamente in ambiguità; il suo progetto fondamentale è quello di far emergere queste ambiguità e correggerle. Nella filosofia analitica (che arriva a sospettare dello stesso termine “filosofia”), il superamento della metafisica è connesso all’esigenza di rendere il metodo più vicino a quello delle scienze e anzitutto della logica. Nella filosofia continentale viene invece esplicitato in modalità diverse e si accompagna ad una visione pluralistica dell’attività filosofica caratterizzata da relativismo, una filosofia che ha il compito di portare alla luce le molteplicità delle prospettive ermeneutiche e dell’esperienza. In questa svolta linguistica si possono individuare le due tradizioni diverse della filosofia analitica e della filosofia continentale. Entrambe presentano punti di convergenza e divergenze e si sono servite l’una dell’altra generando, in un periodo successivo, la filosofia post-analitica e quella post-continentale. 4. Presentare la concezione strumentalista del linguaggio e quella che a essa si contrappone in modo critico Come efficacemente spiega Tullio De Mauro, la concezione strumentalista del linguaggio è quella che considera la lingua semplicemente come un dispositivo che permette di comunicare, separato dai parlanti nello stesso modo in cui utilizziamo i mezzi di trasporto, ad esempio, ignorando in quale modo essi funzionino, una “machine a parler” per usare le parole di De Mauro. Se la lingua è un mero mezzo per la comunicazione, tutte le lingue seppur presentandosi in maniera diversa, assolvono alla stessa funzione, la logica conseguenza sarà quella di considerare la diversità delle lingue esistenti un disvalore, perché avrà senso privilegiare solo quella che si mostrerà più efficiente per questo scopo (nella nostra epoca l’inglese). Conseguenza di ciò non potrà essere che il suicidio linguistico, cioè la perdita di molte lingue, cosa che purtroppo sta già succedendo perché stanno scomparendo, in molte parti della Terra, coloro ai quali è deputato il compito di mantenere viva una lingua: i parlanti (questo fenomeno si può paragonare alla perdita della biodiversità in natura). Questa concezione presenta però molti limiti, primo fra tutti quello di non spiegare quale sia il rapporto esistente tra la comunicazione e il pensiero, in quanto sono proprio i pensieri che si formano a dover essere espressi: la lingua, quindi, ha a che fare con la cognizione prima ancora che con la comunicazione. Si può inoltre osservare che la lingua non serve solo a descrivere ciò che è esistente, ma è proprio la lingua stessa che, agendo come filtro, è capace di creare tutto ciò che si trova al di fuori di essa. Contrapposta alla visione strumentalista è l’idea di lingua come Weltansicht (prospettiva/visione sul mondo) espressa da Humboldt. In questa concezione, viene fortemente valorizzata la varietà linguistica: ogni lingua, introducendo su tutti i livelli (fonologico, morfologico, sintattico, semantico) delle classi interpretative distinte, è caratterizzata da una varietà cognitiva paragonabile alla biodiversità esistente in natura, diversità che diviene valore fondamentale. Si può infine osservare che in questa visione è inclusa un’idea di soggettività linguistica: i parlanti assumono un ruolo fondamentale poiché sono proprio loro che possono modificare la lingua stessa, non solo attraverso gli usi più immediatamente percepibili come creativi della lingua (poesia, letteratura), ma anche attraverso il linguaggio di tutti i giorni. Si può concludere osservando che i fenomeni linguistici sono difficilmente riconducibili a un’unica prospettiva e quindi è necessario comunque considerare entrambi i punti di vista.