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1 BIOLOGIA APPLICATA (CRISAFULLI) LEZIONE N° 38 [18/05/2021] CARATTERI COMPLESSI Oggi parleremo di caratteri quantitativi, di poliginia, di caratteri multifattoriali, di caratteri complessi (diversi modi per chiamare la stessa tipologia di caratteri), studiandone il meccanismo alla base e qualche accenno sullo studio dei caratteri, introducendo delle nozioni statistica. DEFINIZIONI La genetica è la scienza che studia la trasmissione dei caratteri ereditari, ovvero i caratteri che si trasmettono di generazione in generazione. Un carattere genetico è una caratteristica interna, esterna o comportamentale di un organismo, di un individuo nel caso dell’essere umano. Distinguiamo: • caratteri ereditari: provengono dai genitori e si trasmettono ai figli di generazione in generazione, non sono modificabili, si manifestano dalla nascita e quindi sono congeniti (es: gruppo sanguigno, colore degli occhi o dei capelli, presenza o assenza di malattia genetiche); • caratteri acquisiti: non provengono dai genitori quindi non si trasmetteranno ai figli di generazione in generazione, si acquisiscono durante il corso della vita (es: cultura, malattie acquisite o infezioni, traumi); • caratteri intermedi: sono i caratteri per i quali si eredita la tendenza, la predisposizione che può più o meno essere resa manifesta nel corso della vita. Si può avere, ad esempio, la predisposizione genetica ad essere degli individui alti, bassi, magri, oppure la tendenza ad alcune tipologie di malattie, come ad esempio le cardiovascolari o le psichiatriche. Si parla però di predisposizione, quindi non si significa avere quella malattia o quella determinata altezza. (Se abbiamo 2 due genitori alti tendenzialmente potremmo aver ereditato quella predisposizione ma subentra un fattore di altro tipo, ovvero il fattore ambientale, che può far sì che questi caratteri vengano o meno manifestati). Si possono anche classificare • caratteri qualitativi: (visti con Mendel) caratterizzati da una variabilità di tipo discontinuo, come il colore degli occhi, per esempio. Sono caratteri che si possono contare, sono per questo detti numerabili, e gli individui possono essere raggruppati in classi omogenee. • caratteri quantitativi: sono caratterizzati da una variabilità di tipo continuo come, ad esempio, la statura; sono misurabili e sono possibili valori intermedi. Possono essere sia continui che discontinui. L’espressione fenotipica di un determinato genotipo può essere influenzata • da altri geni • da prodotti di altri geni • dall’ambiente.
2 La suscettibilità, la predisposizione ad alcune malattia, le dimensioni corporee o alcuni aspetti comportamentali mostrano degli schemi di ereditarietà che sono particolarmente complessi. Sicuramente, i geni influenzano questi tratti ed in questa tipologia di caratteri sono più geni che intervengono per la manifestazione del fenotipo e quindi è difficile discerne o semplificare lo schema ereditario, anche a causa del contributo dell’influenza ambientale. La variazione fenotipica di questi caratteri può essere quantificata misurando i caratteri in un campione di individui di una popolazione. Ad esempio, se parliamo delle spighe di grano il numero dei chicchi, ovviamente, varierà da spiga a spiga quindi, si prenderà un campione di tutta la popolazione, si conterà e si farà una media. In questo caso il carattere (numero di chicchi nella spiga di grano) verrà quantificato come un numero. Altro esempio: prendendo un campione da una popolazione di topi, si osserverà come ciascuno avrà un peso differente; ciò farà sì che il carattere (peso) si identifichi con un numero. Queste tipologie di caratteri (tratti complessi secondo la definizione del libro), come il peso, variano in maniera continua nella popolazione tanto che un fenotipo sembra sfumare impercettibilmente nel successivo. Ciò significa che quasi non si nota la differenza che di fatto c’è perché sono possibili tutti i numeri in tutti i vari intervalli. C’è quindi questo ventaglio di misurazioni e tra di loro sono quasi uguali e tra l’una e l’altra misurazione la differenza è minima ma si è venuto a creare alla fine un ventaglio di misurazione differenti in cui si riscontra una grande distanza tra la prima e l’ultima misurazione. ESPERIMENTI E STUDI Uno dei primi studiosi ad evidenziare come alcuni caratteri potessero essere influenzati sia da fattori genetici che ambientali fu W. Johannsen (1903) che eseguì una serie di esperimenti sui caratteri quantitativi. Per i suoi esperimenti utilizzò dei fagioli andando a valutarne il peso. Tramite autofecondazione tentò di ottenere delle linee pure e si rese contro che il fenotipo variava continuamente, dunque se all’interno di una linea pura vi erano delle differenze, non potevano essere legate ad un problema genetico ma necessariamente ad un’influenza ambientale. Dall’altro lato la differenza tra le linee pure era data da differenze genetiche; per cui avendo escluso la differenza genetica perché erano tutte linee pure, nonostante questo si riscontravano all’interno delle differenze per cui dedusse che il fattore ulteriore che poteva influenzare questo fenotipo era l’ambiente (in questo caso si intendeva concime, terreno, acqua, sole, vento, freddo). Condurre esperimenti non sugli esseri umani è più semplice perché si hanno delle alternanze di generazioni più facili da studiare, delle tempistiche differenti, una quantità di progenie che si distingue fortemente dagli umani. Per ambiente si intende tutto ciò che non sia relativo alla “parte genetica”, come l’alimentazione, l’attività fisica, l’utilizzo di droghe, l’abuso di alcol, la cultura, la classe sociale di appartenenza, il grado di istruzione, il luogo fisico in cui si vive. Sia l’aspetto genetico che l’aspetto ambientale possono influenzare il fenotipo, infatti, ci sono individui che presentano lo stesso genotipo ma che possono manifestare fenotipi differenti perché l’ambiente influenza la manifestazione del fenotipo, oppure al contrario, individui che manifestano lo stesso fenotipo ma che hanno genotipo differente. Si deduce che l’ambiente abbia condizionato la manifestazione del fenotipo. Questo concetto è molto importante perché moltissime patologie sono multifattoriali, poligeniche, complesse.
4 avanti con gli esperimenti dedussero che questa variabilità della lunghezza della corolla era dovuta al contributo di almeno di 5 geni. Al contributo di almeno 5 geni si andava a sommare l’effetto ambientale. La seconda immagine indica le diverse distribuzioni, l’immagine (a) prende in considerazione 1 gene, (b) 2 geni, (c) 3 geni, (d) parecchi. Si va sempre più verso una distribuzione gaussiana. CONCETTI ELEMENTARI DI STATISTICA Per poter studiare questa tipologia di caratteri e patologie (di tipo multifattoriale) bisogna possedere delle nozioni di statistica. Le caratteristiche di una data popolazione si basano su osservazioni eseguite su un campione che fornisce stime più o meno accurate su un parametro di quella popolazione. Da una popolazione composta da infiniti individui, ognuno dei quali presenta caratteri misurabili, si preleva un campione, ovvero un insieme di individui che si seleziona come rappresentativo della popolazione e si studia il campione, estendendo poi il concetto all’intera popolazione. Il campione deve essere conformato alle possibilità che si possono riscontrare nella popolazione. Bisogna tenere in considerazione le classi di frequenze, che sono raggruppamenti di valori fenotipici di un’ampiezza adeguata, e le frequenze assolute, che sono il numero di individui del campione che rappresentano un determinato valore e una serie di parametri. Quando studiamo questi caratteri di tipo quantitativo, poligenico, complesso, bisogna prendere in considerazione tutte le varie classi possibili che si riscontrano nel campione e che rispecchiano la popolazione. Per ogni classe si costruisce un istogramma: l’altezza dell’istogramma è pari alla frequenza mentre la larghezza è pari all’ampiezza della classe. Una volta costruito il grafico si devono unire le punte degli istogrammi e ne verrà fuori una curva gaussiana, che rappresenterà la distribuzione di queste classi. Considerando la curva gaussiana si devono tenere in considerazione altre due misurazioni: • la media, che fornisce delle informazioni sul centro della distribuzione ed esprime l’intensità media del fenomeno e non fornisce informazione sulla variabilità. È la classe che troviamo Per quanto riguarda il colore degli occhi è dato da due geni soltanto, con un contributo additivo ed una distribuzione che deriva dalla presenza degli alleli dominanti. Più sono i dominanti più scuro è l’iride, meno sono gli alleli dominanti meno è scuro. La distribuzione di frequenza è una rappresentazione grafica in cui sull’asse delle ascisse si riportano le classi mentre sull’asse delle ordinate si riporta la frequenza di ciascuna in un determinato intervallo.